
Il restauro, dedicato ad Augusto, svela la magnificenza delle strutture antiche e del chiostro rinascimentale
Un recupero costato 6,5 milioni di euro e che oggi permette di visitare ben 3.200 metri quadri dell’antica struttura. Durante il restauro sono state fatte anche delle affascinanti scoperte come la Pietà degli Angeli risalente alla seconda metà del ‘500.
“Abbiamo voluto allestire il Chiostro con i marmi e le iscrizioni che ricostruiscono gli Atti degli Arvali e i Ludi Saeculares, gli antichi culti che Augusto rifondò nell’ambito della sua politica religiosa – dichiara Rosanna Friggeri, direttore del Museo Nazionale Roano, sulla stampa nazionale – Si tratta, insomma, della celebrazione in un ambiente post-antico dell’ideologia augustea”.
Le terme di Diocleziano comprendevano oltre 13 ettari e potevano accogliere fino a 3000 persone contemporaneamente, in un percorso che si snodava tra palestre, biblioteche, una piscina di oltre 3500 metri quadrati e gli ambienti che costituivano il cuore di ogni impianto termale.
Durante il Rinascimento Papa Pio IV concesse i resti delle Terme ai Certosini attribuendo loro il ruolo di conservatori delle rovine. I lavori per la trasformazione del complesso iniziarono immediatamente e fu verosimilmente Michelangelo a delineare l’impianto generale dell’edificio monastico (anche se l’impianto della Certosa e i dettagli si attribuiscono a Jacopo del Duca).
In seguito all’atto di donazione del papa Clemente VIII nel 1595, fu iniziata la costruzione del nuovo convento che fu realizzato secondo lo schema canonico dell’Ordine: un chiostro grande, un chiostro piccolo e le casette per i monaci. Il chiostro grande, detto di Michelangelo, fu inserito tra il corpo centrale delle Terme e il lato settentrionale del suo recinto.
A Giulio Massobrio chiediamo innanzitutto della sua passione per la Storia. Che, sotto la sua penna, sembra un repertorio di coincidenze meravigliose, di segreti da portare al pubblico dei lettori. E’ così?
1Esatto. La grande Storia è del resto un insieme di storie. Anzi: di storie di tutti noi. Di tutti quelli che ci hanno preceduto e di quelli che ci seguiranno. Non è un caso: Rex è scritto al presente e non al passato. E’ una scelta non solo stilistica: il lettore deve trovarsi partecipe della situazione perché è chiamato in causa.
Di formazione lei è storico militare. La aiuta o la limita, nella stesura, il suo sapere scientifico?
2Tutte e due le cose insieme. Le avventure di cui racconto sono a volte molto “sparate”. Però sono sempre nel limite del possibile, nel contesto storico che avvicino. Non è sempre semplice tenersi a freno! La scrittura certe volte ti prenderebbe la mano. E’ molto divertente, pure. E’ pirandelliano. Creare un personaggio inglese parlando e pensando l’inglese del tempo. Poi immaginare un agente tedesco abbigliato secondo la moda germanica dell’epoca.
A noi è parso, questo romanzo, anche un modo per rendere uno scenario, un intero periodo storico protagonista della narrazione. E’ d’accordo?
3Sì. Rex esiste nell’immaginario e in qualche modo detta le condizioni. In fase di documentazione ho parlato con molte persone e tutte, curiosamente, utilizzavano la stessa espressione: «Il Titanic è affondato. L’Andrea Doria è affondato. Rex è morto». Perché, in definitiva, questa nave era considerata un’altra cosa. I miti possono morire ma non affondare.